Villa Bellavista, dove si intrecciano le storie dei Vigili del Fuoco
Da nobile tenuta a museo storico del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Villa Bellavista, a Borgo a Buggiano, in provincia di Pistoia, si porta dietro una lunga storia, a tratti commovente. Una parte di essa è anche raccontata in un cortometraggio presentato all’ultima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Indice
Villa Bellavista
A Borgo a Buggiano, in Valdinievole, splendida valle da cartolina tra le colline pistoiesi, punteggiate da borghi antichi, un tempo sorgeva una tenuta agricola di proprietà della famiglia Medici. Nel 1673 Cosimo III de’ Medici la vendette a Francesco Feroni, mercante originario di Empoli che riuscì ad accumulare una grande fortuna ad Amsterdam. Cosimo III gli assegnò anche un prestigioso incarico di funzionario del Granducato di Toscana e poi lo nominò marchese.
Il terreno acquistato da Feroni comprendeva 45 poderi e diversi edifici agricoli con vista sulla valle (da qui il nome Bellavista). Lui decise di far costruire una villa. Affidò il progetto all’architetto fiorentino Antonio Maria Ferri, che puntò sullo stile barocco fiorentino.
L’edificio, a pianta rettangolare con quattro torri, fu completato nel 1699. Feroni non fece in tempo a vederlo finito dato che morì nel 1696, lasciandolo in eredità al figlio Fabio. Questi ordinò la costruzione di una cappella accanto alla villa e arricchì ulteriormente i già fastosi interni, ricchi di affreschi, decorazioni e arredi pregiati.
Il nuovo marchese Feroni avviò anche la bonifica dei terreni circostanti, ma l’impresa gravò notevolmente sulle sue finanze e alla fine dovette vendere tutti i poderi, tenendosi solo la villa e il giardino. Villa Bellavista restò di proprietà della famiglia Feroni ancora per diversi anni, ma in seguito passò in mano a diverse famiglie. Considerata tra le ville più belle dell’intero paese, nel 1939 fu acquistata dal Ministero dell’Interno, ristrutturata e data in affidamento alla Direzione Generale dei Servizi Antincendi.
Vi andò ad abitare il barone Giuseppe Ardia, allora capo dei Vigili del Fuoco. La casa ospitò prima una casa di riposo per il personale dei pompieri e poi una colonia estiva per i figli di coloro che appartenevano al corpo.
La campanella dell’orfanotrofio di Villa Bellavista, protagonista di un documentario
Durante la Seconda guerra mondiale, Villa Bellavista fu trasformata in ospedale da campo. Successivamente, a partire dal 1950, ospitò l’Istituto Nazionale Maschile Orfani dei Vigili del Fuoco. Fino alla chiusura, nel 1968, lì crebbero e studiarono centinaia di orfani di pompieri morti in servizio o per altre cause. Le loro giornate erano scandite da una campanella, che segnava il momento di svegliarsi, di andare a scuola, di andare a mangiare in mensa, di andare a letto. E proprio La campanella è il titolo di un documentario in forma di cortometraggio realizzato da regista Antonio Maria Castaldo.
Castaldo in passato è stato autore di altre due opere cinematografiche dedicate ai Vigili del Fuoco — Fuoco sacro, del 2020, sulla storia del corpo, e Giulia e il capoposto (2022), una fiaba ispirata a una storia vera — e fa lui stesso parte del corpo.
Prodotto dallo Dipartimento dei Vigili del Fuoco e presentato durante l’ultima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, La campanella racconta le storie di coloro che lì sono passati, accolti come in una grande famiglia. Mentre fuori si soffriva da fame, lì dentro, come dicono alcuni degli intervistati «eravamo signori».
La ristrutturazione in corso e il futuro di Villa Bellavista
In anni più recenti, la villa è diventata sede di un museo storico del Corpo dei Vigili del Fuoco. Nel 2020 il palazzo è stato chiuso al pubblico ed è iniziata una fase di profonda ristrutturazione del complesso, che è costituito da tre fabbricati e da un parco monumentale. L’intenzione è di riaprirlo al pubblico al termine dei lavori, non solo valorizzandone l’architettura ma anche riqualificando l’area, rendendola un polo di formazione, anche in omaggio a quegli indimenticabili anni in cui, ogni giorno, diverse volte al giorno, suonava la campanella.