L’incendio al supermercato Ycuá Bolaños
Il 1º agosto del 2004, ad Asunción, capitale del Paraguay, un grande emporio andò a fuoco, causando la più grande tragedia civile del paese. L’incendio al supermercato causò centinaia di vittime e di feriti. Molte di queste persone avrebbero potuto sopravvivere se le misure di sicurezza fossero state idonee, e soprattutto se i dipendenti non avessero sbarrato le uscite per scongiurare eventuali furti.
Indice
La catena di supermercati Ycuá Bolaños
Nata nel 1987, la catena di supermercati Ycuá Bolaños è stata fondata da Juan Pío Paiva, uomo di umili origini che qualche anno prima aveva aperto una sua macelleria ad Asunción, principale città del Paraguay e capitale del paese.
Quando ebbe messo da parte abbastanza denaro da aprire un emporio, Paiva scelse un nome beneaugurante per la sua avventura imprenditoriale. Ycuá, infatti, significa “pozzo d’acqua” in lingua guaraní, mente Bolaños era il cognome di un missionario francescano spagnolo, considerato un santo dalle parti di Caazapá, la città natale di Paiva, dove sorge anche un tempio in suo onore, accanto a una sorgente che si crede abbia proprietà curative.
Gli affari, per l’imprenditore, iniziarono ad andar bene. Dopo il primo supermercato, sopra al quale abitava insieme alla sua famiglia, Paiva ne aprì, nel corso degli anni, altri tre. Inaugurò anche diverse piccole fabbriche, con le quali produceva in proprio alcune delle merci vendute nei negozi.
Il supermercato Ycuá Bolaños “Botánico”, aperto nel 2001 nel quartiere Trinidad di Asunción, aveva una superficie di circa 12.000 metri quadrati, un ristorante, ed era il più moderno tra i quattro della catena. Tuttavia, come vedremo, le misure di sicurezza non erano altrettanto all’avanguardia.
L’incendio del 1º agosto
Il 1º agosto del 2004 era un’assolata e mite domenica d’inverno, ad Asunción. Nel supermercato c’erano quasi un migliaio di persone che facevano la spesa. Intorno alle 11.00 del mattino cominciò a diffondersi del fumo tra gli enormi locali. Da ore, infatti, un incendio si era innescato in una delle ciminiere dell’area ristorante. A causa della poca pulizia e dell’assenza di manutenzione, l’accumulo di grasso e carbone, a contatto con le scintille provocate dalle griglie che erano state accese in vista del pranzo, aveva provocato delle fiamme, che poi iniziarono ad espandersi per tutto il soffitto, privo di sistemi di ventilazione.
Nessuno si accorse di nulla, e le fiamme continuarono la loro corsa. Quando raggiunsero i vapori dei forni elettrici del panificio, si verificò una piccola esplosione, che fu avvertita da alcuni dipendenti. In quel momento, però, la catena di eventi iniziò ad accelerare.
I pannelli del soffitto cominciarono a staccarsi e a cadere sulla gente. A quel punto l’afflusso di ossigeno accelerò l’incendio. Esplosero bottiglie, frigoriferi, bombolette, uccidendo all’istante alcuni clienti.
Nel frattempo le guardie giurate, su ordine della famiglia Paiva (che tuttavia ha sempre negato tale accusa), avevano chiuso a chiave le uscite per evitare che la gente uscisse portandosi via la merce senza pagare.
L’arrivo dei soccorsi dopo l’incendio al supermercato
Quando giunsero i primi soccorsi, si trovarono di fronte una scena apocalittica. I pompieri ha raccontato di aver dovuto farsi largo tra decine di corpi carbonizzati per andare alla ricerca di superstiti.
Furono necessarie 8 ore, 50 veicoli e oltre 1.000 uomini dei Vigili del Fuoco e dell’esercito per estinguere l’incendio.
Tra esplosioni, fiamme e fumo, a lasciarci la vita furono in 327 (ma alcune stime danno cifre superiori) e i feriti tra i 300 e i 500.
Il sistema ospedaliero cittadino andò in collasso per giorni e arrivarono aiuti — tra medicinali e personale specializzato — da molti altri paesi (anche europei) per far fronte alla situazione d’emergenza.
Le indagini e le conseguenze dopo la tragedia
Le indagini successive alla tragedia accertarono che nella struttura, mal progettata, mancavano alcune tra le più basiche misure di sicurezza attive e passive. I rilevatori di fumo non funzionavano, gli sprinkler erano assenti, le uscite d’emergenza non erano sufficienti e l’allarme antincendio non fu attivato.
Si scoprì, inoltre, che tre delle condutture d’aria della griglia, della panetteria, della pasticceria e della rosticceria non avevano sbocco all’esterno e quindi da anni gas e fumo andava accumulandosi tra i condotti. A tutto questo si aggiungeva il fatto che la ciminiera era progettata male, che la copertura del tetto era in materiale infiammabile e che, per giunta, era stata data l’abilitazione all’apertura senza alcun controllo da parte delle autorità preposte.
In pratica, bastava pochissimo perché si verificasse la cosiddetta “tempesta perfetta”, che infatti ci fu.
Anche grazie all’onda emotiva scaturita dal terribile incidente, le normative di sicurezza antincendio per i locali pubblici del Paraguay, che all’epoca erano ormai vetuste, vennero finalmente aggiornate.