L’incendio al Bazar de la Charité del 1897
Le più grandi conquiste, in termini di sicurezza, spesso avvengono a seguito di grandi tragedie. Ecco la storia di come un incendio che coinvolse numerose donne dell’alta società francese — quello del Bazar de la Charité di Parigi — aprì la strada per la diminuzione dei rischi nelle sale cinematografiche, che per anni sono state delle vere trappole mortali.
Indice
Pellicole che bruciano: Nuovo Cinema Paradiso
Chi ha visto il film premio Oscar Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, ricorderà uno momenti chiave del film. Siamo nel secondo dopoguerra, in un paesino della Sicilia, e nell’unico cinema del posto danno l’ultima proiezione de I pompieri di Viggiù, opera del ’49 di Mario Mattoli.
Il pubblico accorre in massa ma i posti all’interno del cinema non sono abbastanza, quindi in molti devono restare fuori. Per via delle proteste degli esclusi, il proiezionista, interpretato dall’attore francese Philippe Noiret, decide di fare un atto di grande generosità. Intervenendo sul proiettore, riesce a far arrivare le immagini del film su un muro della piazza.
Mentre il proiezionista è distratto, però, la pellicola prende fuoco (ironia della sorte, proprio durante un film sui pompieri), e in breve le fiamme divampano per tutto il cinema, distruggendolo.
Lo spettacolo, nella sua resa cinematografica, è straziante, ma nella realtà le cose non andarono molto diversamente per tutto il lungo periodo in cui le pellicole dei film — e i pochissimi dispositivi di sicurezza presenti nelle sale — causarono svariati incendi.
La pellicola in nitrocellulosa
La pellicola cinematografica discende da quella fotografica. Nel 1887 l’inventore e uomo di chiesa statunitense Hannibal Williston Goodwin sviluppò per primo una pellicola flessibile e fotosensibile utilizzando la nitrocellulosa, sintetizzata qualche decennio prima dal chimico svizzero-tedesco Christian Friedrich Schönbein.
George Eastman, che sarebbe poi stato il fondatore di Kodak, rubò l’idea, che si diffuse rapidamente prima in ambito fotografico e poi cinematografico.
Il problema della cellulosa, tuttavia, era di essere altamente infiammabile.
L’incendio del 1897 al Bazar de la Charité di Parigi
Fin dal 1885, a Parigi, un gruppo di donne e uomini dell’aristocrazia cattolica francese organizzava un grande evento di beneficienza. Si chiama Bazar de la Charité e consisteva in un mercato in cui venivano vendute opere d’arte, gioielli, libri e soprammobili di valore donati da persone ricche. Tutto il ricavato andava ai poveri.
Col tempo l’iniziativa crebbe sempre di più, ospitando anche spettacoli.
L’edizione del 1897 si tenne nell’nell’ottavo arrondissement, all’interno di un grande capannone di legno nel quale venne allestita un’intera strada in stile medievale. Tra gli spettacoli di punta, in un periodo in cui erano ancora in pochissimo ad avere il privilegio di assistere alla magia del cinema, c’era una stanza in cui venivano proiettati alcuni spezzoni di girato. Il proiettore funzionava con una lampada a etere e ossigeno e una pellicola di cellulosa. Tutto, dunque, era estremamente infiammabile.
A metà pomeriggio del 4 maggio, durante il secondo giorno dell’evento, da quella stanzetta che offriva al pubblico le nascenti meraviglie della cosiddetta settima arte, cominciarono a sprigionarsi delle fiamme. La causa, pare, fu un semplice fiammifero. Il proiezionista, accortosi che la scorta di etere della lampada del proiettore stava per esaurirsi, accese il cerino per vedere quanta ne restava. Ci fu un’esplosione. In appena un quarto d’ora il rogo distrusse completamente il capannone, a sua volta pieno di materiali infiammabili visto che la strada medievale era stata ricostruita con cartapesta, stoffe e legno.
Morirono 126 persone, tra cui ben 118 donne, la maggior parte delle quali dell’alta società. Tra di esse c’era pure la sorella della celebre principessa Sissi.
Tra l’altro l’intera storia, un po’ romanzata, è stata protagonista di una mini-serie tv francese, uscita su Netflix: Destini in fiamme.
Dopo la tragedia
Proprio per via del coinvolgimento di un gran numero di donne ricche e importanti, l’incendio al Bazar de la Charité ebbe una grandissima risonanza. Fu in quel momento che si iniziò, per la prima volta, a lavorare sulla sicurezza degli spettacoli di cinematografo.
La primissima precauzione fu il rivestire di stagno le cabine di proiezione: se la pellicola avesse preso fuoco, l’incendio sarebbe stato più contenuto. Ma fare il proiezionista rimaneva comunque un mestiere assai rischioso. Si dovette aspettare fino agli anni ’50, infatti, per avere una pellicola cinematografica non infiammabile. Venne realizzata con l’acetato di cellulosa, poi a sua volta sostituito dal polietilene (meglio conosciuto come PET).
L’incendio del Cinema Statuto a Torino
Pur con pellicole e proiettori più sicuri, i problemi di sicurezza dei luoghi pubblici, tuttavia, non erano certo finiti. La tragica dimostrazione fu l’incendio che, nel febbraio del 1983, quindi molto di recente, colpì il Cinema Statuto di Torino, uccidendo decine di persone. Una storia che avremo modo di raccontare più nel dettaglio in un prossimo articolo.
Tale incidente, però, come nel caso di quello al Bazar de la Charité, ebbe un grande merito, quello di rimettere in discussione tutto il sistema di norme di sicurezza allora in vigore.
Nell’Italia del 1983 i regolamenti c’erano ma erano molto vaghi. Un esempio su tutti: le porte di sicurezza dovevano essere “apribili” ma non si spiegava come. Anche una porta chiusa a chiave, infatti, è potenzialmente “apribile”.
Nei mesi successivi alla tragedia, vennero fatti controlli su cinema e locali pubblici in tutto il paese, riscontrando numerosissimi elementi di rischio, che sono stati poi successivamente trattati nelle norme da allora scritte a varate, tra cui quelle — importantissime — relative alla reazione al fuoco, alla resistenza al fuoco e all’adozione di dispositivi come le vernici antincendio, oggi obbligatorie per tutti gli edifici pubblici e quelli aperti al pubblico, tra i quali, appunto, i cinema.