La Sardegna va a fuoco
Firewall racconta i grandi incendi della storia: tragedie che hanno portato morte e distruzione, generate da eventi naturali, dal caso o dall’intervento umano. È notizia recentissima, di questi giorni: la Sardegna va a fuoco. Gli incendi hanno devastato ettari di territorio mettendo in ginocchio l’economia locale e stravolgendo la vita quotidiana delle persone del luogo.
Un’isola da tempo sconvolta dalle fiamme
Nonostante siano stati i roghi di questa estate 2021 a raggiungere le cronache nazionali e le prime pagine dei giornali, la Sardegna è costantemente colpita dal dramma-incendi.
Solo da inizio anno sono già 40.000 gli ettari di territorio andati letteralmente in fumo.
Lo scorso 23 luglio l’emergenza ha però raggiunto dimensioni mastodontiche sul massiccio del Montiferru, nell’oristanese, nella parte nord-occidentale dell’isola. Il fuoco ha “mangiato” e distrutto tutto ciò che ha incontrato lungo il suo cammino. A essere ridotti in cenere — secondo le prime stime — sono stati circa 25mila ettari di boschi e pascoli. Le fiamme sono pure arrivate in prossimità di piccoli centri abitati, costringendo la popolazione a evacuare le abitazioni.
Favoriti e alimentati dal forte vento di scirocco e dalle alte temperature (intorno ai 40°), i fronti dell’incendio si sono spostati di molti chilometri. È stato raggiunto anche un tratto dell’entroterra già colpito nel 1996 da un rogo doloso. Questo aveva già cancellato i boschi di Seneghe, Bonarcado, Cuglieri, Santu Lussurgiu e Scano Montiferro.
Oltre 7500 le persone impegnate nella lotta alle fiamme e nell’aiuto alla popolazione, tra Corpo Forestale, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, volontari, Croce Rossa e forze dell’ordine. La Francia e la Grecia hanno inoltre inviato due Canadair ciascuna. E diverse regione italiane hanno mandato uomini e mezzi in supporto delle operazioni.
Il rischio era conosciuto
Il “Comitato spontaneo Montiferru” ha fatto circolare nei giorni scorsi la copia di una lettera che era stata spedita il 7 giugno 2021 al sindaco, all’assessore all’ambiente, al comandante della stazione forestale e al comandante della caserma dei Vigili del Fuoco di Cuglieri, uno dei centri più colpiti.
La missiva evidenziava il pericolo e chiedeva un intervento urgente per mettere in sicurezza quelle zone della montagna in cui «la vegetazione è diventata talmente fitta e impenetrabile da rappresentare un pericoloso deposito di combustibile alla mercé di qualsiasi piromane».
Proprio la mancata manutenzione delle aree interessate è una delle cause che ha favorito l’espandersi delle fiamme.
I danni
Oltre ai migliaia di ettari di terra bruciata si devono contare i boschi, le case, le aziende agricole, le vigne, gli uliveti e gli animali da allevamento e selvatici colpiti dagli incendi.
Ettore Crobu, presidente dell’ordine dei dottori agronomi e forestali, avverte che «non è azzardato parlare di un miliardo di Euro, e temo che purtroppo in queste mie stime non sarò smentito».
Lo stesso Crobu ha anche sottolineato i rischi che, in un futuro, potrebbero interessare questo territorio devastato dal fuoco: «c’è il rischio idrogeologico collegato agli effetti degli incendi, perché nelle aree distrutte dalle fiamme, e dove non c’è più il substrato, il rischio di alluvioni è notevole».
Per ricostruire e far rinascere una zona così ampia, sia a livello naturale che antropico ed economico, la Coldiretti stima un periodo intorno ai quindici anni.
L’ulivo millenario
Tragedia nella tragedia, l’incendio ha colpito anche un albero millenario, il cosiddetto olivastro di Tanca Manna. Si tratta di un ulivo selvatico alto circa 16 metri e con un fusto di circa 10 metri di circonferenza. Era registrato nell’Elenco degli alberi monumentali d’Italia del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.
Ma se inizialmente la pianta è stata ritenuta distrutta dal rogo, in realtà non tutte le speranze sono svanite.
Il botanico cagliaritano Gianluigi Bacchetta e il professor Camarda, ordinario di Botanica sistematica presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, sono infatti fiduciosi: «Il patriarca riuscirà a sopravvivere; resterà mutilato e ridotto ai minimi termini, ma la parte di sinistra sembra vitale e l’intervento provvidenziale dei pompieri ha avuto effetto. Il tronco e le radici non ardono più e adesso bisogna continuare a bagnare la rizosfera per fare abbassare le temperature del suolo, poi si vedrà. Forza, coraggio e resilienza».
La Sardegna va a fuoco per un atto doloso?
A quanto raccontano gli elementi fin qui raccolti, l’incendio del 23 luglio pare sia partito da un’auto che ha preso fuoco a causa di un incidente lungo la strada di Bonarcado. Questo avrebbe innescato le prime fiamme, poi aizzate dal vento e nutrite dalla vegetazione secca della campagna circostante. Tuttavia le indagini sono ancora in corso.
Nei giorni successivi sono stati però avvistati dal Corpo Forestale, degli inneschi in zone diverse (Usellus, Seneghe e Cabras). Per questo si pensa al dolo.
La Procura di Oristano, guidata dal procuratore Ezio Basso, ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di incendio colposo aggravato. Il Corpo Forestale sta effettuando i rilievi utili per capire le dinamiche.
«Danno la colpa alla cultura agro pastorale, ma non è così: sono solo piromani criminali» ha dichiarato lo scrittore, commediografo e sceneggiatore italiano Marcello Fois in un articolo.