Il grande incendio di Fort McMurray del 2016
Nel maggio del 2016 un incendio boschivo ha devastato le comunità attorno a Fort McMurray, un’area nota soprattutto per le sue sabbie bituminose e per l’industria petrolifera. Le fiamme hanno distrutto migliaia di edifici e causato decine di migliaia di sfollati. A questo si è aggiunto un drammatico stop all’estrazione e alla lavorazione del petrolio. Ad oggi l’incendio di Fort McMurray è il disastro più costoso della storia dell’intero Canada, ed è anche protagonista di un pluripremiato documentario che mostra la vita quotidiana di chi abita a due passi da un rogo di quelle proporzioni.
Indice
Dov’è Fort McMurray?
Fort McMurray è una località che fa parte della municipalità di Wood Buffalo. Si tratta di una vasta entità amministrativa di oltre 60 mila kmq che comprende diversi insediamenti abitati, tra i quali Fort McMurray è uno di più grandi.
Si trova nella zona nord-orientale della provincia dell’Alberta, in Canada, in un’area caratterizzata da vasti altipiani, pieni di fiumi, grandi laghi e foreste boreali. Ma a rendere quel territorio davvero peculiare sono gli enormi depositi di sabbie bituminose. Qui il petrolio è presente in forma viscosa.
Quelli dell’Alberta sono i più grandi giacimento al mondo di questo tipo, e si trovano principalmente sulle rive del fiume Athabasca.
Già le popolazioni native presenti le sfruttavano per impermeabilizzare le loro canoe. Poi, a partire dall’800, ha iniziato a stanziarsi in zona una fiorente (e assai inquinante) industria petrolifera.
L’accoppiata di foreste meravigliose ed estrazione e raffinazione del petrolio è piuttosto inusuale. Lo sfruttamento delle sabbie bituminose a discapito dell’ambiente, infatti, è stato oggetto di numerosi documentari e di un videogame interattivo intitolato Fort McMoney (un gioco di parole tra Fort McMurray e l’avidità di denaro).
L’incendio di Fort McMurray del 2016
Il clima secco nei mesi primaverili ed estivi è tipico della regione, e causa di frequenti incendi boschivi. Quello del 2016, verificatosi a maggio, è stato uno dei più grandi della storia dell’Alberta. Anche se si sospettano cause antropiche (cioè di responsabilità umana), non è ancora stata stabilita l’origine del rogo, verificatosi il 1º maggio, durante un’ondata di caldo e di siccità.
A notare le fiamme fu un equipaggio forestale che sorvolava in elicottero una zona boschiva a 15 km da Fort McMurray. Dato l’allarme, i pompieri arrivarono sul posto in 45 minuti. A causa dei forti venti, tuttavia, la situazione peggiorò rapidamente e le fiamme iniziarono a diffondersi in modo incontrollato, coinvolgendo anche i centri abitati.
Il 3 maggio le autorità ordinarono l’evacuazione di diverse comunità.
Vista la vastità, l’incendio si trasformò in una vera e propria tempesta di fuoco. Si tratta di un fenomeno che può verificarsi durante i grandi incendi boschivi, quando il rogo arriva a produrre un micro-clima al suo interno, caratterizzato da forti venti e dalla formazione di “pirocumuli”, cioè nuvole di fuoco. Questa in rari casi possono anche produrre fulmini (durante l’incendio di Fort McMurray è successo), causando dunque ulteriori incendi.
Oltre due mesi di emergenza
L’emergenza ha coinvolto migliaia di uomini, provenienti anche dalle province vicine e, all’allargarsi dell’incendio, da altri paesi (addirittura il Sudafrica ha inviato circa 300 vigili del fuoco).
Al suo massimo, le fiamme sono arrivate a coprire più di 590 mila ettari di territorio (cioè 5900 kmq). Solo a inizio luglio, dopo più di due mesi, la situazione è stata dichiarata sotto controllo, ma alcuni roghi più piccoli hanno continuato a divampare per oltre un anno! L’incendio di Fort McMurray, infatti, è stato dichiarato definitivamente esaurito solo a inizio agosto 2017.
Alla fine il bilancio è stato drammatico. Nonostante non ci siano state vittime dirette (solo due persone sono morte a causa di un incidente stradale durante l’evacuazione), le fiamme hanno ridotto in cenere circa 3200 edifici e provocato più di 88 mila sfollati.
L’industria petrolifera è stata ovviamente la più colpita: nei mesi di maggio e di giugno, circa un quarto dell’intera produzione canadese (il Canada è il 4º paese al mondo per quantità di barili) si è bloccata, causando un aumento dei prezzi del petrolio a livello globale.
In tutto, direttamente e indirettamente, l’incendio di Fort McMurray è costato la sbalorditiva cifra di quasi 10 miliardi di dollari canadesi (circa 7 miliardi di Euro).
Il documentario sull’incendio
Durante i lunghi mesi dell’emergenza, le popolazioni locali hanno pubblicato sui social e sulle piattaforme di condivisione dei video numerosi filmati.
Il regista canadese Lewis Bennett li ha raccolti e montati, creando un documentario che mostra e racconta le vive e reali testimonianze di tutto ciò che è successo.
Si tratta di frammenti grezzi, filmati utilizzando videocamere, cellulari, droni, telecamere installate sui cruscotti delle auto e telecamere di sicurezza domestica. Soprattutto i video realizzati con queste ultime sono impressionanti. Si vedono pompieri (minuto 3’35”) che cercano di domare le fiamme che hanno raggiunto le abitazioni. Ci sono (da drone, minuto 4’40”) le lunghissime code per scappare. Si vede (minuto 6’13”) il fumo che inghiotte un salotto. Ci sono cieli rossi. Si ascoltano teorie del complotto. Si assiste, verso la fine, alla desolazione di ciò che è rimasto dopo il passaggio dell’inferno.
Spot Fire, questo il titolo del documentario, si può vedere qui.