Il grande incendio di Baltimora del 1904
Nei primi anni del ‘900 gli incendi urbani erano molto più diffusi di oggi. Combatterli, invece, era assai più complicato, spesso per via della mancanza di standard tra gli strumenti a disposizione dei pompieri. Proprio questa è stata una delle cause della grande distruzione causata dall’incendio di Baltimora del 1904. Quando giunsero in soccorso le unità antincendio dalle città vicine, queste si accorsero che le loro manichette non si connettevano agli idranti della città.
Indice
Lo scoppio dell’incendio di Baltimora
Fondata nel 1729 nella baia di Chesapeake, Baltimora è la più grande e importante città del Maryland, uno dei 50 stati degli Stati Uniti d’America.
Sorge sul fiume Patapsco ed è particolarmente importante per il suo porto, nato persino prima del nucleo urbano.
Oggi ha circa 600 mila abitanti, pochi di più rispetto all’epoca dell’incendio, quando ne contava 500 mila.
Nei primi del ‘900 la città era in pieno sviluppo industriale e commerciale. Logistica, lavorazione dell’acciaio e produzione di automobili erano le attività principali e, grazie al porto e alla rete ferroviaria, le fabbriche e i magazzini della zona potevano importare materie prime ed esportare merci.
Fu proprio in un edificio commerciale che il rogo si sviluppò. All’angolo tra Hopkins Place e German Street, in centro, si trovava la sede della John E. Hurst and Company, una società che si occupava della vendita all’ingrosso di generi alimentari, liquori e sementi.
Per cause ancora oggi ignote, nella mattina di domenica 7 febbraio le fiamme iniziarono a levarsi dal palazzo. Furono avvistate per la prima volta alle 10.48 e i soccorsi arrivarono poco dopo. Nel frattempo l’incendio aveva iniziato a espandersi agli edifici vicini, complice il vento forte che soffiava quel giorno. Presto, i pompieri si resero conto che la dimensione del rogo superava le possibilità dei corpi antincendio cittadini. Via telegrafo, le richieste di aiuto arrivarono alle città vicine, in primis Washington, la capitale, che si trova a pochi chilometri da Baltimora.
Le manichette non compatibili
Per fermare la rapida diffusione della fiamme, i pompieri tentarono di circoscrivere l’area distruggendo con la dinamite le strutture adiacenti. Quelle disperate manovre, tuttavia, non ebbero successo.
Nelle ore successive, giunsero sul posto unità da Washington, da Filadelfia, da New York e da Atlantic City. Purtroppo però, come già accennato, quando andarono ad agganciare le loro manichette agli idranti, i pompieri si accorsero che gli attacchi non erano compatibili.
All’epoca, infatti, negli Stati Uniti esistevano centinaia di differenti raccordi per le manichette antincendio. Questo perché nessuna città voleva abbandonare il proprio sistema e le società che producevano manichette o idranti non avevano intenzione di adeguarsi a qualche standard, in modo da non avere aziende concorrenti.
Per ovviare a quella grottesca situazione, un’officina meccanica di Baltimora iniziò rapidamente a produrre degli speciali adattatori per gli idranti. I tempi di azione ovviamente si allungarono, e il rogo perdurò fino alle 17.00 del giorno successivo.
Le conseguenze dell’incendio di Baltimora
In trenta ore totali, le fiamme attaccarono più di 70 isolati, “mangiandosi” oltre 1500 edifici, cioè un pezzo importante del centro di Baltimora. La stima dei danni si aggirò su circa 150 milioni di dollari dell’epoca (l’equivalente di 5 miliardi di dollari attuali).
Di vittime dirette accertate non ce ne furono e — nonostante gli enormi danni — la città si riprese piuttosto velocemente. La ricostruzione fu molto rapida. Si utilizzarono materiali più resistenti al fuoco e il municipio emanò rapidamente un nuovo e più stringente codice edilizio cittadino.
La conseguenza più importante dell’incendio di Baltimora fu però la standardizzazione (finalmente!) dei collegamenti tra idranti e tubi flessibili. Nonostante questo, ancora oggi sono moltissime le città statunitensi che non adottano tali standard.