Gli incendi nei tunnel del San Gottardo e nel traforo del Monte Bianco
Firewall racconta i grandi incendi della storia: tragedie che hanno portato morte e distruzione, causate dall’intervento umano, da eventi naturali o dal caso. Per chi viaggia molto, l’idea di restare intrappolati in un incidente in galleria è uno di quegli incubi che non si riescono mai a esorcizzare del tutto. Purtroppo la storia degli autotrasporti è piena di casi del genere. Due in particolare hanno segnato indelebilmente la memoria collettiva. Sono tragedie relativamente recenti, in cui sono scoppiati incendi che hanno fatto molte vittime. Il primo è del 1999, nel traforo del Monte Bianco. Il secondo del 2001, nel del tunnel del San Gottardo. Entrambi sono stati disastrosi ma hanno anche contribuito ad aumentare le misure di sicurezza.
Indice
Il traforo del Monte Bianco
«I nostri due popoli, dimenticando le malevolenze che si agitavano nelle valli e sulle cime, sono portati l’uno verso l’altro dalla forza delle cose, vent’anni dopo la fine dei combattimenti di cui le Alpi furono il triste teatro. In particolare in questa bella valle che il sangue, la lingua e i sentimenti legano saldamente alla Francia». Era il 1965 e con queste parole l’allora presidente francese Charles De Gaulle definiva il momento storico dell’inaugurazione del traforo del Monte Bianco.
Si trattava, anche per i canoni odierni, di un’opera davvero monumentale, della quale si era iniziato a parlare già due secoli prima. Era infatti il 1787 quando l’alpinista svizzero Horace-Bénédict de Saussure, arrivato in cima alla vetta più alta d’Europa, disse che «verrà un giorno in cui si scaverà sotto il Monte Bianco una strada carrabile e queste due valli, la Valle di Chamonix e la Valle d’Aosta, saranno unite». Si dovette però aspettare molto tempo prima che le conquiste tecnologiche e l’assetto geopolitico permettessero di passare finalmente all’azione.
I lavori partirono nel 1959, quando gli operai iniziarono a scavare all’interno del massiccio procedendo contemporaneamente da due fronti, quello italiano e quello francese. Appena tre anni (e 700 tonnellate di esplosivo) dopo, le due squadre si incontrarono nel tunnel. Ci vollero poi altri tre anni per completarlo.
Lungo 11,6 km, quando inaugurò il traforo era il più lungo tratto autostradale in galleria del mondo intero. Oggi, per la cronaca, è il settimo.
L’incidente del 1999
Era la mattina del 24 marzo del 1999 quando Gilbert Degrave, autista di un rimorchio-frigo belga che trasportava margarina e farina, entrò dentro al traforo dal lato francese. Alle 10.53, dopo che diversi altri camion provenienti dal senso opposto gli avevano lampeggiato come per avvertirlo di qualcosa, Degrave guardò nello specchietto retrovisore e vide del fumo. Valutò se tentare di arrivare fino alla fine del tunnel ma si rese conto che poteva non farcela. Quindi rallentò e si fermò in una nicchia per chiedere soccorso.
I soccorsi si attivarono e da entrambe le entrate venne chiuso l’accesso al traforo. La situazione, tuttavia, peggiorò rapidamente. Le fiamme avvolsero il camion e si allargarono anche ad altri veicoli. Gli estintori non riuscirono a domare il rogo, e quando arrivarono i rinforzi con mezzi speciali lo scenario si era ulteriormente aggravato. La galleria, infatti, stava creando un “effetto forno” e la temperatura saliva rapidamente. Oltretutto la schiuma di poliuretano, usata nella cella frigorifera del camion per mantenere al freddo i prodotti, una volta presa fuoco aveva rilasciato cianuro nell’aria.
L’incendio andò avanti per quasi 53 ore, e la temperatura all’interno del traforo raggiunse punte di 1000°C.
24 automezzi pesanti, 9 auto e una motocicletta andarono distrutte. Inoltre persero la vita 39 persone di diverse nazionalità, tra le quali Pierlucio Tinazzi, detto “Spadino”, un dipendente della società che gestiva il tunnel. In sella alla sua moto, Tinazzi entrò nella galleria per salvare un camionista ma morì nel tentativo di soccorso. Per il suo atto di eroismo venne insignito con una Medaglia d’oro al valor civile.
Dopo la tragedia: le nuove norme di sicurezza del traforo del Monte Bianco
Dopo l’incidente il traforo rimase chiuso per tre anni. Lo riaprirono solo nel 2002, e inizialmente soltanto per le auto.
I terribili fatti accaduti portarono a diversi cambiamenti a livello di sicurezza:
- nicchie ogni 100 metri;
- idranti ogni 150 metri;
- una stazione di pronto soccorso con Vigili del Fuoco al centro del tunnel;
- 37 rifugi pressurizzati collegati, sotto alla carreggiata, a una galleria di evacuazione;
- 76 unità di ventilazione e 120 telecamere in più;
- sensori che calcolano automaticamente la temperatura dei veicoli e che inviano i dati alla postazione francese e italiana.
Il tunnel del San Gottardo
Il tunnel svizzero del San Gottardo (Gotthard-Strassentunnel in tedesco) prende il nome dal massiccio che attraversa. È stato aperto nel 1980 ed è parte dell’autostrada A2, che attraversa tutta la Svizzera e collega Basilea a Chiasso. La galleria è di fondamentale importanza per gli scambi commerciali tra l’Italia e l’Europa continentale, oltre che per il turismo.
Il lavori di costruzione partirono nel 1970 e nel ’76 venne completata la galleria.
Oltre a quella stradale, esiste anche una galleria ferroviaria, inaugurata nel 2016. Ad oggi è il tunnel ferroviario più lungo e più profondo del mondo.
La tragedia del 2001
Il 24 ottobre del 2001, alle 9.30 del mattino, un autista turco stava guidando all’interno del tunnel. Aveva bevuto (venne poi riscontrato un tasso alcolemico sopra la norma) e col camion andò a strisciare sulla parete della galleria, finendo poi sulla corsia opposta. Qui si scontrò con un altro tir che proveniva dall’altra direzione. Nell’urto uno dei serbatoi si ruppe e il gasolio fuoriuscì. Pochi minuti dopo, probabilmente per un corto circuito, ne scaturì un incendio, che coinvolse numerose altre vetture.
Le fiamme si propagarono rapidamente, e il rogo raggiunse ben 300 metri di lunghezza. A causa dell’estremo calore, parte della volta della galleria crollò.
Alla fine si contarono 11 vittime, tra quelle decedute per l’incidente e quelle rimaste uccise dall’incendio, soprattutto per via del fumo inalato.
Dopo la tragedia, il tunnel restò chiuso per due mesi, causando gravi danni all’economia del Ticino.
La sicurezza del San Gottardo dopo l’incidente
Come nel caso del Monte Bianco, anche per il San Gottardo il terribile dramma diede impulso a una completa revisione dei dispositivi e delle pratiche di sicurezza del luogo:
- traffico attentamente monitorato e regolato secondo l’affluenza;
- sensori termici per valutare la temperatura dei veicoli;
- numerose telecamere di sicurezza;
- rifugi ogni 250 metri, con ventilazione separata da quella della galleria stradale e aria a pressione più alta così da evitare l’entrata di fumo.
Nel 2008 è inoltre nato il Gotthard Intervention Center, un corpo di decine di vigili del fuoco professionisti che operano sul posto 365 giorni all’anno, 24 ore su 24. Sono due le basi operative, una per ciascuna entrata del tunnel. Gli uomini hanno a disposizione diversi mezzi di soccorso ed equipaggiamento che consente di fronteggiare ogni emergenza, compresa la fuoriuscita di sostanze tossiche.
Annualmente, in media, eseguono 300 riparazioni e intervengono in circa 40 incidenti stradali.
Vista la pericolosità di questo tipo di infrastrutture, comunque, le linee guida e gli strumenti di sicurezza sono in costante evoluzione. Forse, con l’aumento del traffico delle auto elettriche e dei nuovi rischi che queste pongono, saranno destinati a cambiare ancora.