Da barriera antincendio a veleno: la parabola dell’amianto
Conosciuto fin dall’antichità, per lungo tempo l’amianto è stato ritenuto un materiale dai poteri quasi magici. Prima che si scoprisse la sua estrema pericolosità, venne utilizzato in molteplici modi (che al giorno d’oggi sembrano azzardati ai limiti dell’assurdo), grazie soprattutto alle sue capacità ignifughe.
Indice
Che cos’è l’amianto?
L’amianto, conosciuto anche come asbesto, è un minerale — o meglio, un insieme di minerali — che fa parte della famiglia dei silicati. Quest’ultima è la più diffusa in assoluto nella crosta terrestre.
Non esiste un solo tipo di amianto: ce ne sono diversi, caratterizzati da una consistenza fibrosa. Attualmente vengono suddivisi in: crisotilo, amosite, crocidolite e antofillite. A questi vanno ad aggiungersi le varianti “asbestiformi” dell’actinolite e della tremolite.
Il nome amianto deriva dal greco amíantos, che significa “incorruttibile”. Asbesto, invece, viene dal greco ásbestos, cioè “inestinguibile, perpetuo”.
Le proprietà principali, che l’hanno resto molto ricercato e utilizzato fin dalla notte dei tempi, sono la sua duttilità, l’alta capacità di isolamento elettrico e acustico e soprattutto l’estrema resistenza al calore e alle fiamme.
L’uso dell’amianto nella storia
Già fin dall’era della pietra l’amianto era conosciuto e usato dall’uomo. Negli anni ’30, in Finlandia, Scandinavia e Russia gli archeologi hanno ritrovato manufatti d’argilla che contenevano grandi quantità di asbesto. Lo si adoperava per rendere più resistenti al calore ciotole e utensili da cucina.
Gli antichi egizi lo usavano per confezionare gli abiti funerari dei sovrani, e così anche nella Grecia antica, dove l’amianto era impiegato inoltre per gli stoppini della lampade, le calzature e i cappelli.
Nell’età classica e nel Medioevo le sue fibre venivano tuttavia lavorate non tanto per usi pratici quanto piuttosto a scopo rituale e “magico”, tanto che l’amianto appare in molte ricette alchemiche.
La storia ci ha tramandato anche un curioso aneddoto. Pare che Carlo Magno si dilettasse nell’affascinare i suoi ospiti con una tovaglia dagli strani poteri: dopo l’uso, la gettava nel fuoco per poi tirarla fuori completamente immacolata. Ovviamente era in amianto. La consistenza setosa dei cristalli, infatti, ne permetteva la lavorazione a mo’ di tessuto, e per alcuni l’asbesto era una sorta di anello di congiunzione tra il mondo minerale e quello vegetale o animale.
L’uso medico dell’asbesto
Nel Medioevo i medici prescrivevano l’amianto per diverse patologie.
Ecco cosa scrisse il naturalista del ‘600 Boezio: «Dall’asbesto si fa spesso un unguento miracoloso per il lattime e per le ulcerazioni delle gambe. Si prendono quattro once di asbesto, due once di piombo, due once di ruta e vengono bruciate, quindi ridotte in polvere, vengono macerate in un recipiente di vetro con l’aceto ed ogni giorno, per una volta al giorno, per un mese l’impasto viene agitato; dopo un mese si deve far bollire per un’ora e lo si lasci riposare finché non diventi chiaro: poi si mescola una dose di codesto aceto bianco con una ugual dose di olio di rosa finché l’unguento non sia ben amalgamato: allora si unge tutto il capo del fanciullo per farlo rapidamente guarire: per la scabbia e le vene varicose».
Ma non serve andare così indietro nel tempo. Ancora fino agli anni ’60 lo si impiegava come componente di un prodotto in polvere che serviva a diminuire la sudorazione dei piedi, ed era contenuto anche in molte paste dentarie per le otturazioni.
La rivoluzione industriale dell’amianto
È solo dopo il ‘700, con la rivoluzione industriale, che l’utilizzo del minerale diventò largamente diffuso. Le macchine e gli impianti con temperature di funzionamento molto elevate, infatti, potevano beneficiare dell’altissima resistenza termica di questo elemento.
Ma è soprattutto dalla fine dell’800 che l’asbesto diventò praticamente onnipresente in ogni settore produttivo. In questo ebbe un ruolo importante anche una nobildonna italiana. Si chiamava Maria Candida Medina Coeli, era nata nel 1764 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, e studiava medicina e scienze naturali. Passò alla storia specialmente per un’invenzione: un pettine speciale per la filatura dell’amianto. Medina Coeli la usò per confezionare pizzi, merletti e tessuti ignifughi. Sviluppò anche una carta ignifuga all’amianto, da utilizzare con un analogo inchiostro. Le sue scoperte vinsero molti premi e attirarono l’attenzione degli industriali di tutta Europa.
Nel corso del XIX e del XX secolo l’amianto conquistò il mondo. Erano migliaia i prodotti in cui veniva usato. Impossibile stilare un elenco esaustivo ma ecco alcuni degli utilizzi: come materiale coibentante; nelle incubatrici per neonati; nelle lettiere per animali da allevamento; nella pasta modellabile DAS; nei freni e nelle carrozzerie delle automobili. E inoltre: nei guanti da cucina; nei ferri da stiro; nei filtri delle sigarette; nelle suole delle scarpe (vendute come antisettiche); come neve artificiale (appare addirittura nel film Il Mago di Oz del 1939).
Per dare l’idea di quanto fosse diffuso ecco un esempio. Sul nº 1045 del dicembre 1975 della celebre rivista Topolino, uscì la ricetta per preparare una “Torta innominata”. Nel procedimento era scritto: «imburrate una tortiera e copritene il fondo con carta d’amianto (anch’essa imburrata), quindi versate dentro la pasta».
Naturalmente, viste le proprietà ignifughe, l’amianto si prestava perfettamente per l’attrezzatura dei Vigili del Fuoco: dalle tute antincendio ai guanti, fino alle coperte spegni-fiamma.
L’Eternit
Fu nel 1901 che l’ingegnere austriaco Ludwig Hatschek brevettò un composto di cemento e amianto. Lo chiamò Eternit.
Il primo stabilimento produttivo nacque in Germania, a Niederurnen, nel 1903. Qualche anno più tardi, nel 1907, in Italia aprì i battenti la Eternit di Casale Monferrato, che nel settore era la più grande fabbrica d’Europa. La fondò l’ingegnere Adolfo Mazza, che fu anche colui che costruì la prima macchina per la produzione di tubi a pressione in cemento-amianto. L’azienda, fiore all’occhiello dell’industria italiana, arrivò a impiegare fino a 2000 dipendenti nel periodo del boom economico degli anni ’60.
Da quella fabbrica uscirono fioriere per gli arredi pubblici, tubi per gli acquedotti (ancora oggi presenti in gran parte del paese) e soprattutto le famose e poi famigerate lastre ondulate, utilizzate nella copertura degli edifici, dalle case private agli edifici pubblici, comprese scuole, ospedali e palestre.
La terribile scoperta
L’amianto, essendo un minerale fibroso, rilascia fibre che, inalate, raggiungono i polmoni. L’esposizione a queste componenti porta a gravissime patologie: l’asbestosi, cioè una malattia polmonare cronica, il carcinoma polmonare e il mesotelioma pleurico.
Già agli inizi del ‘900 nel Regno Unito e in Francia vennero trovati casi di asbestosi dovuti all’esposizione all’amianto, ma è solo negli anni ’50 che venne effettuato uno studio approfondito tra i lavoratori delle aziende tessili inglesi, dove c’era grande presenza di asbesto.
Nel 1965 era ormai certa la correlazione tra amianto e cancro, tuttavia si continuò a utilizzare questo materiale ancora per molti anni. In Italia fu Nicola Pondrano, sindacalista e operaio della Eternit di Casale Monferrato, a puntare l’attenzione, fin dal 1974, sulle tante sospette morti degli operai, causate secondo lui dall’inalazione delle polveri. Da allora ci sono stati numerosi processi e ulteriori studi, e in Italia la produzione, la lavorazione e la vendita dell’amianto sono fuori legge dal 1992. In alcuni paesi del mondo, tuttavia, l’uso è ancora consentito, e la produzione va avanti.
Anche tra i Vigili del Fuoco ci sono stati, purtroppo, molti casi di malattie legate all’esposizione alle polveri di amianto, contenute — come già accennato — nell’equipaggiamento.
Nel 2020 c’è stata la prima, storica sentenza che ha riconosciuto un Vigile del Fuoco ammalatosi e morto di mesotelioma come “vittima del dovere”. Il Ministero dell’Interno è stato condannato a corrispondere alla vedova una pensione speciale e a lei e ai suoi figli un assegno vitalizio di 500 Euro.
Per quanto riguarda Casale Monferrato, oggi su parte del terreno di quasi 100.000 metri quadrati in cui un tempo sorgeva lo stabilimento Eternit c’è un parco, il Parco Eternot, nato in memoria di tutte le vittime dell’amianto.
La rimozione e la bonifica dell’amianto
Data la sua pericolosità, l’asbesto deve essere rimosso utilizzando numerosi accorgimenti, così da evitare rischi per le persone. Nel 1992 è iniziata una larghissima opera di bonifica per la rimozione dell’amianto in ogni tipo di edificio pubblico e privato. A causa della sua larghissima diffusione, tuttavia, dopo decenni la bonifica è ancora in corso.
In Italia vi sono apposite imprese certificate che svolgono questo tipo di operazioni.
Sono tre le modalità attualmente adoperate:
- la rimozione fisica del materiale;
- l’incapsulamento del materiale con appositi prodotti coprenti e penetranti;
- il confinamento dei luoghi in cui è presente l’amianto attraverso l’uso di barriere isolanti.
C’è poi un’ulteriore strategia, che è quella della nodulizzazione, con la quale si compattano e si rendono inerti le polveri per mezzo di complessi trattamenti chimici, termici e meccanici. Questa è probabilmente la metodologia più interessante perché, se con il confinamento e l’incapsulamento i manufatti rimangono lì, e se con la rimozione le componenti tossiche vengono conservate in apposite discariche ma non eliminano il problema, la nodulizzazione permette invece di rendere innocui i rifiuti. Essi possono addirittura essere riutilizzati nella produzione di altri materiali.
Oggi nell’edilizia si usano le vernici ignifughe
Laddove un tempo si adoperava il cemento-amianto (o fibrocemento) in quanto elemento ignifugo, oggi si usano altri materiali che resistono alle fiamme e alle altre temperature. Inoltre le vernici ignifughe hanno raggiunto ottime prestazioni. Quelle della gamma Firewall di Renner Italia offrono un perfetto equilibrio tra sicurezza ed estetica grazie a formulazioni di ultima generazione che permettono di ottenere effetti e colorazioni, proteggendo il legno e preservandone la bellezza. Tutto questo grazie agli additivi ignifughi e a quelli intumescenti.
I primi — utilizzati soprattutto negli arredi — rilasciano ad alte temperature delle sostanze che inibiscono l’ossigeno, producendo vapore acqueo o anidride carbonica così da abbassare la temperatura. Tra i 300 e i 400°C, inoltre, si cristallizzano, creando una barriera che protegge il legno.
I secondi, invece, si gonfiano producendo una barriera che isola e protegge, ritardando l’innalzarsi della temperatura e la combustione. Sono adoperati nella verniciatura delle strutture portanti.