Cos’è lo Yakisugi, e perché non può sostituire la vernice ignifuga
Lo Yakisugi, anche noto come Shou Sugi Ban, è un’antica tecnica giapponese per trattare il legno che implica la carbonizzazione della sua superficie tramite il fuoco. Questo processo produce un materiale resistente alle intemperie, alla putrefazione e agli insetti. Spesso si descrive erroneamente anche come un trattamento che rende il legno ignifugo, ma in realtà ciò che conferisce è un effetto ritardante, che funziona grazie a un principio molto simile a quello che caratterizza le vernici ignifughe.
Che cos’è lo Yakisugi
Il processo dello Yakisugi consiste nel bruciare la superficie del legno con un’alta fiamma, preferibilmente utilizzando un torchio o un bruciatore a gas. Il fuoco carbonizza la superficie del legno, creando uno strato protettivo che preserva il legno dall’umidità, dal vento, dal sole e dai parassiti, conferendo inoltre capacità isolanti e fonoassorbenti. In seguito viene spazzolato e — eventualmente — trattato con olio naturale.
Il termine Yakisugi significa letteralmente “cipresso” (sugi, che in realtà si riferisce specificamente alla Cryptomeria japonica, detta anche cedro giapponese o cipresso giapponese) e “carbonizzato” (yaki). Viene anche chiamato yakisugi-ita o yakiita. In Occidente, negli ultimi quindici/vent’anni si è invece diffuso il nome shou sugi ban, che tuttavia è frutto di un errore nella traslitterazione dei caratteri giapponesi. A livello commerciale, tuttavia, si è ormai soliti usare proprio shou sugi ban.
Le assi trattate in questo modo sono utilizzate principalmente come rivestimento esterno ed interno degli edifici, oltre che per pavimentazioni, recinti e — in alcuni casi — oggetti di design.
Il legno d’elezione è quello del Cryptomeria japonica, ma questa tecnica può essere applicata a ogni essenza (anche se poi, per amor di correttezza, non si dovrebbe parlare di Yakisugi).
La storia dello Yakisugi
Sono millenni che l’uomo tratta e modifica il legno per migliorarne le caratteristiche e adattarle alle proprie necessità, anche per mezzo del fuoco.
Per secoli, dalla Scandinavia all’Oriente, passando per il Mediterraneo, il legno carbonizzato è stato impiegato soprattutto nella costruzione di scafi per barche e navi, in modo da renderle più resistenti all’acqua e all’attacco di molluschi e fauna marina.
Non si sa esattamente quando lo Yakisugi si sia diffuso nell’edilizia. Il termine esiste solo dagli anni ’30 ma probabilmente la tecnica iniziò a circolare durante il cosiddetto periodo Edo, cioè tra i primi del ‘600 e la seconda metà dell’800. All’epoca Edo, l’odierna Tokyo, era una delle metropoli più abitate e a più alta densità di popolazione al mondo. In pochi potevano permettersi di costruire edifici in pietra, per cui la gran parte delle strutture era in legno. Tutto questo rendeva gli incendi molto frequenti. Da qui l’intuizione di adoperare il legno carbonizzato superficialmente per preservare meglio gli interni e gli esterni, sia dal fuoco che dagli agenti atmosferici.
Nel ‘900 lo Yakisugi passò gradualmente di moda per via dei molti materiali da costruzione disponibili e dei prezzi più accessibili. In Giappone è stato riscoperto negli anni ’70, in virtù del suo bassissimo impatto ambientale e dei costi relativamente ridotti. Da lì si è poi diffuso nel resto del mondo, in particolare nell’ultimo decennio, specialmente grazie ad alcuni architetti che ne hanno fatto largo uso, tra cui Yoshifumi Nakamura e Terunobu Fujimori.
Oggi è molto apprezzato non solo per le sue proprietà ma anche per la sua resa estetica, di sicuro impatto.
Perché viene detto “ignifugo”?
Durante il processo di carbonizzazione la temperatura superficiale supera i 1000 °C. Tramite la pirolisi, l’emicellulosa e la cellulosa amorfa del legno si degradano e si va a creare uno strato protettivo che scherma la lignina sottostante. Le due componenti eliminate sono anche quelle che trattengono l’acqua e i carboidrati che attirano i parassiti del legno. Di conseguenza si ottiene un legno idrorepellente che non risente degli attacchi degli insetti. Lo strato protettivo, inoltre, agisce come ritardante per l’innesco di un incendio. La cellulosa, infatti, brucia a temperature più basse, mentre la lignina ha una resistenza al fuoco molto maggiore.
Qualcosa di simile accade con le vernici ignifughe, come quelle della gamma Firewall di Renner Italia, che tuttavia sono molto più efficaci.
Nelle vernici sono contenuti degli additivi ignifughi che, una volta raggiunte temperature tra i 200 e i 300°, rilasciano sostanze che inibiscono l’ossigeno tramite lo sviluppo di vapore acqueo o anidride carbonica. Questo abbassa la temperatura di combustione. Qualora la temperatura raggiungesse livelli tra i 300 e i 400°C, si avvia un processo di cristallizzazione, che produce uno strato vetrificato non infiammabile. Tale strato funge da barriera, proteggendo la parte più interna del legno.