Castigo divino: gli incendi nelle città medievali
I turisti provenienti da nazioni in cui le città sono sorte in epoca molto più recente della nostra, si sorprendono sempre di fronte alla struttura urbanistica dei nostri centri. Chi abita negli Stati Uniti, ad esempio, è abituato a metropoli che si sviluppano “a griglia”, con vie perpendicolari tra loro e isolati dalle dimensioni regolari. In Europa, al contrario, troviamo mura antiche, con vie disordinate e stratificazioni di palazzi di epoche differenti. Questo perché molti dei luoghi più belli del nostro continente, soprattutto in Italia, conservano ancora una organizzazione urbanistica che risale al Medioevo. Proprio tale organizzazione, tuttavia, ha favorito per secoli il rischio di roghi. Vediamo allora di capirne qualcosa in più degli incendi nelle città medievali, che all’epoca non venivano vissuti solo come un problema ma come un vero e proprio castigo divino.
Indice
La struttura delle città medievali
I centri urbani nati nel Medioevo non hanno strutture sempre uguali. Esistono città “radiocentriche” e città “reticolari”. Ce ne sono di irregolari e non. Talvolta lo sviluppo è legato alla topografia dell’ambiente circostante. In altri casi erano gli architetti a studiare a tavolino la conformazione di vie e palazzi. Inoltre, in Europa, da paese a paese e spesso da regione e regione, potevano cambiare gli stili e le “mode”. Non è quindi possibile fare una generalizzazione. Nondimeno, ci sono degli elementi che tendono a ripetersi: sono quelle zone indispensabili per il funzionamento stesso della città.
La piazza: il luogo di aggregazione e di incontro per eccellenza. Ospitava i mercati, gli eventi religiosi e quelli civili di una certa rilevanza. Dalla piazza, di norma, partivano le vie principali, e da queste si snodavano le strade secondarie che conducevano alle abitazioni e alle botteghe. Con il passare del tempo, in alcune città, si aggiunsero altre piazze, spesso equidistanti tra di loro, che si differenziavano per il tipo di attività. Poteva ad esempio essercene una per il mercato, una di competenza del potere religioso, e una di quello politico.
Le strade: erano solitamente lastricate con pietre e ciottoli locali, e generalmente strette e anguste. Su di esse si affacciavano le abitazioni e le botteghe.
Le mura: munite di porte e, non di rado, di torri di guardia, proteggevano il centro abitato. Al di fuori si estendeva la campagna. Con il passare del tempo e con la crescita demografica, le città cominciarono a svilupparsi fuori dalle mura, quasi mai in maniera ordinata.
I palazzi, le abitazioni e le botteghe: se i palazzi erano i luoghi del potere (politico-amministrativo o religioso, che a volte coincidevano), le botteghe erano la vera essenza delle città medievali. Si fabbricava e si vendeva tutto ciò che poteva servire nella vita quotidiana di un cittadino.
Al piano terra c’erano i laboratori, ai quali si accedeva dalle strade, e ai piani superiori d’abitudine si trovavano le abitazioni dei bottegai.
L’altissimo rischio di incendi nelle città medievali
Ovviamente nel Medioevo non esistevano normative edili, quindi gli edifici venivano costruiti molto vicini o addirittura appiccicati gli uni sugli altri. Questo nell’ottica del massimo sfruttamento di spazi molto piccoli e irregolari. Le case e le abitazioni più semplici erano in legno, e i tetti potevano essere di paglia, in quanto si trattava di materiali economici e facili da reperire.
In più ogni area che non era occupata da edifici e strade era riempita da banchi da lavoro, carri, depositi merci e anche rifiuti.
A tutti questi elementi di rischio, si aggiungevano le fiamme libere. Servivano a riscaldarsi, a cucinare, a lavorare, a illuminare. Bastava dimenticare una candela accesa durante la notte, o che qualche scintilla scaturita dal ferro colpito dai fabbri raggiungesse dei materiale a rapida combustione, ed ecco che si scatenava un rogo. L’estrema vicinanza tra abitazioni e botteghe, ne favoriva il rapido divampare e l’espandersi a intere vie. E da Firenze a Torino, dalla Francia alla Germania, le più grandi e frequenti calamità che potevano colpire i centri urbani erano proprio gli incendi.
Col tempo ci si rese finalmente conto della necessità di arginare queste catastrofi, che per molto tempo venivano considerate dei castighi divini. Questo per via della superstizione, imperante durante la cosiddetta “epoca oscura”.
Non fu un’impresa semplice perché purtroppo, oltre ai casi accidentali, non mancavano i roghi dolosi. Avvenivano sia per questioni economiche che per affari di cuore, oltre che per rivalità e invidie. Tali gesti, quando scoperti, erano condannati con molta durezza, al pari di un omicidio o di una truffa.
Che strategie adottavano?
In un mondo in cui non esistevano ancora le vernici ignifughe, bisognava mettere in pratica differenti strategie per arginare la “piaga” degli incendi.
Alcune città lo fecero.
A Siena, ad esempio, nacque un corpo dei Vigili del Fuoco. Questo provò ad allontanare dal centro città tutte quelle attività che potessero provocare incendi, come le botteghe degli artigiani. Inoltre incentivò la realizzazione delle cucine all’ultimo piano, così che un eventuale rogo non si propagasse all’intero edificio. Nei pressi delle attività più a rischio, inoltre, erano poste, quando era possibile, delle fontane con l’acqua.
A Torino, nel XV secolo, le autorità arrivarono a proibire la costruzione di portici in legno, prediligendo la pietra. Imposero inoltre l’uso di tegole per i tetti. Per avvistare gli incendi c’erano delle vedette che dalle torri o dai campanili osservavano la presenza di fumo o fiamme con largo anticipo rispetto a chi aveva solo la visuale da terra. Si puntò infine su servizi di pattuglia che di notte controllavano le vie.
Anche a Bologna, già dal 1250, si costruivano portici in muratura (oggi patrimonio Unesco), rimuovendo quelli in legno.