Gli incendi dopo il Grande Terremoto del Kantō del 1923
Firewall racconta i grandi incendi della storia: tragedie che hanno portato morte e distruzione, generate da eventi naturali, dal caso o dall’intervento umano. Il 1º settembre 1923 un terremoto rase al suolo Tokyo. Da allora conosciuto come il Grande Terremoto del Kantō, scatenò incendi che uccisero oltre 100.000 persone e provocarono un numero imprecisato di dispersi.
La dinamica del disastro
Come ben sappiamo il Giappone è uno dei paesi con attività sismica più alta, essendo situato sui confini di una delle maggiori placche tettoniche. Dal 599 (anno del primo terremoto documentato) a oggi sono centinaia i grandi sismi che si sono registrati.
Uno dei più terribili avvenne il 1º settembre 1923 quando, poco prima di mezzogiorno, una scossa di magnitudo 7.9, con epicentro nella baia di Sagami, fece tremare la terra per un tempo che dovette sembrare infinito — tra i 4 e i 10 minuti — causando anche diversi tsunami.
L’evento colpì la città di Tokyo, il porto di Yokohama e le vicine prefetture di Chiba, Kanagawa e Shizuoka, causando enormi distruzioni in tutta la regione, denominata, appunto, Kantō.
Dato l’orario, al momento della scossa molti erano a casa a cucinare. Combinazione che si rivelò ancora più nefasta: il fuoco dei fornelli e camini, infatti, provocò un alto numero di incendi.
In una città come Tokyo, che all’epoca era costituita principalmente da case in legno, questo si tradusse in un’apocalisse. Circa 381.000 case, oltre la metà del totale, andarono in cenere. Per di più i guasti alle condutture dell’acqua impedirono l’intervento immediato. Le fiamme si estinsero, per mancanza di combustibile, solo dopo due giorni di inferno.
Un tifone di fuoco
A peggiorare ulteriormente la situazione arrivò un tifone, che si abbatté sulla costa di Noto, a Nord del Giappone, causando forti venti anche sulla capitale. Tali venti favorirono gli incendi, che fecero più vittime del terremoto stesso.
Le testimonianze parlarono di strade in cui l’asfalto si fondeva fino a intrappolare le persone che scappavano in cerca di salvezza.
In un deposito del centro di Tokyo ben 38.000 uomini, donne e bambini che avevano trovato rifugio lì dopo il sisma morirono carbonizzati da un vortice di fiamme.
Il Grande Terremoto del Kantō raccontato da Kurosawa
Il grande regista giapponese Akira Kurosawa, vero e proprio genio della cinematografia mondiale, all’epoca della tragedia aveva appena tredici anni e riuscì a salvarsi insieme alla sua famiglia. Ne parlò nella sua autobiografia L’ultimo samurai. Quasi un’autobiografia, scrivendo «La strada sulla quale correva il tram, dall’altra parte del fiume Edogawa, coperta di crepacci, fu gravemente danneggiata. Si era sollevato perfino il fondo del fiume, e si vedevano spuntare dall’acqua degli isolotti di fango. Negli immediati dintorni non vidi case crollate, ma ce n’erano qua e là di pericolanti. Tutto il distretto del fiume Edogawa era avvolto in un velo di polvere turbinante che con il suo grigiore faceva impallidire il sole come durante un’eclissi. In questo scenario, le persone che mi stavano a lato sembravano tutte evase dall’inferno, e l’intero paesaggio prese un aspetto bizzarro e inquietante».
Violenza e razzismo dopo il terremoto
All’epoca Tokyo non era la metropoli che conosciamo oggi. La struttura stessa della città era diversa. Le case — come già accennato — erano perlopiù in legno. Dilagava povertà e c’era molta violenza.
Dopo il terribile evento iniziarono a serpeggiare dicerie e pettegolezzi tra parte della popolazione. Qualcuno diceva che i coreani stavano commettendo furti, appiccando incendi dolosi e avvelenando i pozzi d’acqua. I giornali, che spesso propagandavano ideologie razziste e di regime, riportarono queste assurde voci. Si scatenò così una “caccia al coreano” che portò a numerose vittime innocenti. Non si sa di preciso quante persone abbiano perso la vita a causa di questa rabbia senza senso, ma si stima siano state oltre 2000.
La ricostruzione dopo il Grande Terremoto del Kantō
Prima di iniziare la lunga ricostruzione di Tokyo, si prese addirittura in considerazione l’idea di trasferire altrove la capitale. Alla fine, tuttavia, venne messo in atto un piano di riedificazione che gettò le basi per la moderna metropoli di oggi. Furono costruite nuove e più moderne strade e linee ferroviarie. I parchi pubblici vennero progettati affinché potessero diventare rifugio per la popolazione in caso di catastrofi naturali. Gli edifici pubblici dovettero essere riprogettati seguendo norme antisismiche e antincendio più rigide.
Il 1º settembre 1960 venne istituito il Giorno di prevenzione dei disastri per commemorare i morti del Grande Terremoto di Kantō. Ogni anno, in questa data, si tengono in tutto il Giappone esercitazioni e simulazioni per sensibilizzare e preparare gli abitanti, ed evitare il ripetersi di una tragedia simile in un paese che coi terremoti ha dovuto imparare a convivere.
Foto: “1923 Great Kantō earthquake” di foundin_a_attic; “1923 Great Kantō earthquake” di foundin_a_attic; Wikimedia Commons; The Great Kanto Earthquake di urbzoo; Destrucción tras el Gran Terremoto de Kanto (Tokio, 1923) di Recuerdos de Pandora.