L’incendio al data center OVH che ha spento un pezzo di internet
Siamo abituati a considerare il web come a qualcosa di incorporeo. Soprattutto da quando si è iniziato a parlare di servizi cloud, l’impressione è che i dati siano da qualche parte nell’etere e da lì arrivino ovunque, direttamente sui nostri schermi. In realtà la rete è un’infrastruttura molto complessa ma altrettanto concreta. Come tale, consuma quantità inimmaginabili di energia e ha un impatto ambientale enorme. Esattamente come ogni altra infrastruttura, non è esente da rischi. Anzi, come ha dimostrato il recente incendio al data center OVH di Strasburgo, un singolo incidente può mandare in panne migliaia di attività in tutto il mondo.
Che cos’è OVH e come funziona un server
Fondata nel 1998 da uno studente francese — Octave Klaba, che tuttora ai vertici dell’azienda — OVH è una società che fornisce servizi cloud. Ha sede a Roubaix, nel nord della Francia, ed è una delle più importanti realtà del settore a livello mondiale.
L’acronimo OVH sta per On Vous Héberge, cioè “noi vi ospitiamo”, e riassume perfettamente l’attività: ospitare i dati e i siti. Che si tratti di una banca o un governo, di un museo o di un giornale web, delle pagine personali o di questo stesso sito, tutti i dati sono fisicamente archiviati in un server.
I server sono delle macchine nelle quali sono immagazzinati i dati che, su richiesta, vengono forniti ad altri elaboratori. Per semplificare un po’ — perché in realtà le cose sono un po’ più complesse e i passaggi possono essere assai più numerosi — quando andiamo su un sito, su un social network o usiamo un’app, il nostro dispositivo invia una richiesta al server, e questo fornisce tutto ciò che serve.
Solitamente si tratta di hardware appositamente costruiti per questa funzione, ma anche un normale pc può essere utilizzato come server.
Per funzionare a dovere, un server deve essere attivo 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno.
Esistono strutture, come i data center e le server farm, che ne ospitano a migliaia. OVH di data center ne ha 31, sparsi per il mondo.
L’incendio al data center OVH di Strasburgo
Nella notte tra il 9 e il 10 marzo 2021 un incendio è divampato in uno dei locali del data center. Si sospetta che la causa possa essere stata il malfunzionamento di un gruppo di continuità. L’esatta dinamica dell’incidente, tuttavia, non è ancora stata resa nota. Il rischio di cortocircuito e d’incendio è comunque sempre in agguato in strutture che ospitano quantità notevoli di materiale elettrico. Per questo si tratta di luoghi in cui vengono usati materiali ignifughi e ogni tipo di protezione, attiva o passiva.
Qualcosa, però, nel data center di OVH non deve aver funzionato. Le fiamme, che a quanto sembra hanno iniziato a propagarsi alle 00.47, hanno distrutto un’intera struttura di cinque piani, mandando letteralmente in fumo migliaia di server (sui social non sono mancate reazioni ironiche, trattandosi di servizi cloud, “evaporati” in una nuvola nera).
È stato necessario l’intervento di oltre 100 vigili del fuoco, che hanno lavorato per ore per domare il rogo.
Quali sono state le conseguenze dell’incendio al data center OVH
Non è ancora chiaro quanti siti web e servizi siano stati interessati dall’incidente.
Tra quelli certamente danneggiati, il più celebre è il sito del Centro Pompidou di Parigi. E poi università, banche, enti turistici, videogame online, testate giornalistiche.
In Italia sono stati colpiti i siti di diversi comuni, tra cui Pavia, Cattolica e Trapani, la rivista Fortune Italia.
Dalle dichiarazioni dell’azienda e dei vigili del fuoco, non sembra ci siano state vittime.
Ironia della sorte: appena due giorni prima di questo brutto episodio la società aveva dichiarato l’intenzione di essere quotata in borsa.
Questo fatto ci ricorda quanto sia importante continuare a investire nella sicurezza, e come basti davvero poco per danneggiare, anche pesantemente, una società come la nostra, che è sempre più dipendente dalla rete.