Come funzionano i rilevatori di fumi antincendio

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Per millenni, quando scoppiava un incendio, erano i sensi ad avvertirne la presenza. Gli occhi si accorgevano del baluginare delle fiamme o avvistavano colonne di fumo. e il naso percepiva odore di bruciato. L’allarme lo si dava a voce, semplicemente urlando, e per la maggior parte della storia dell’uomo le “tecnologie” sono rimaste quelle: vista, olfatto, voce, al massimo campane e campanelle per richiamare l’attenzione. Poi, come abbiamo già avuto modo di raccontare, a fine ‘800 un medico e un ingegnere di Boston inventarono l’allarme antincendio. E più o meno nello stesso periodo arrivarono anche gli alleati perfetti per quell’allarme: i rilevatori di fumi.

Oggi, grazie all’elettronica, i rilevatori sono dei dispositivi complessi ed efficaci, indispensabili nella lotta contro i roghi. Ce ne sono di diversi tipi, ciascuno con le sue particolarità.

La storia dei rilevatori di fumi antincendio

Un rilevatore di fumo bianco e rosso installato su un soffitto in cemento grezzo sta captando del fumo

Il primo brevetto relativo ai rilevatori antincendio risale al 1902 e si deve a un ingegnere elettrico di Birmingham, in Inghilterra. Si chiamava George Andrew Darby e il suo apparecchio non individuava il fumo, bensì il calore. Andava a elettricità ma era assai artigianale dato che funzionava grazie a… un panetto di burro!
Quando la temperatura saliva repentinamente, il burro si scioglieva facendo entrare in contatto due piastre che, toccandosi, chiudevano il circuito e lanciavano un allarme.
Non esattamente pratico, in effetti.

Da quel primo, incerto (e burroso) passo, tuttavia, la tecnologia iniziò a fare passi da gigante. Negli anni ’30, mentre cercava di sviluppare un rilevatore di gas tossici, il fisico svizzero Walter Jaeger arrivò accidentalmente a creare un rilevatore di fumo (se ne accorse quando accese una sigaretta).
I primi dispositivi domestici funzionanti arrivarono negli anni ’50, e nel decennio successivo si diffusero i rilevatori di fumo a camera ionizzante (vedremo più avanti cosa sono), che però utilizzavano materiale radioattivo. Sempre in quel periodo, ci si rese conto che i rilevatori di fumo erano molto più rapidi a individuare un incendio rispetto a quelli di calore.

Oggigiorno ci sono apparecchi di molte tipologie, in base alla funzione richiesta e a dove vengono installati.

Le funzioni dei rilevatori antincendio

Un sprinkler e un rilevatore di fumi sul soffitto di un locale mentre sullo sfondo di vedono altri dispositivi antincendio, tra cui la segnaletica di sicurezza

I rilevatori sono dei dispositivi di protezione attiva, come estintori, allarmi, idranti e illuminazione d’emergenza (quelli di protezione passiva sono invece i sistemi di ventilazione, le barriere antincendio, e le vernici ignifughe, come quelle della gamma Firewall di Renner Italia).

Il compito di tali impianti non è unicamente quello di dare l’allarme. Le funzioni, infatti, possono essere molte:

  • avvertire le persone che si trovano negli ambienti interessati dall’incendio o dal fumo;
  • attivare gli altri impianti di protezione attiva (ad esempio sprinkler, serrande tagliafuoco, sistemi di evacuazione del fumo e del calore);
  • spegnere o controllare altri impianti non necessari;
  • attivare l’alimentazione di sicurezza.

La normativa che regola i sistemi di rilevazione e di segnalazione d’incendio è la UNI EN 54-1.

Come funziona il rilevatore di fumi

Un tecnico sta installando un rilevatore di fumi sul soffitto di una stanza

Il fumo è l’indizio per eccellenza di un incendio in fieri, nonché uno dei prodotti più pericolosi della combustione, insieme ai gas.
I rilevatori si basano sulla reazione a due possibili fattori:

  • la diffusione della luce: i rilevatori fotoelettrici captano la diffusione o la diffrazione della luce dovuta alle particelle solide contenute nel fumo. Si chiama effetto Tyndall ed è lo stesso che capita ad esempio quando vediamo fasci di luce che colpiscono la polvere, o le particelle d’acqua della foschia;
  • gli ioni radicali liberi: sono contenuti nel fumo prodotto dalla combustione.

A partire da queste due tipologie di rilevazione, esistono altrettante grandi “famiglie” di rilevatori:

  • sensori ottici a fascio: sono costituiti da un emettitore di luce e da un ricevitore che registra quando il fascio luminoso cala di intensità per via del fumo, attivando l’allarme. In ambienti molto grandi e con il soffitto alto, uno solo di essi è in grado di coprire un’area di oltre 1500mq;
  • rilevatori a camera ionizzante: sono più sensibili, ma hanno il grande svantaggio di adoperare sostanze radioattive e avere costi molto alti. Inoltre non si possono usare in ambienti umidi e soggetti a correnti d’aria.

Gli altri tipi di rilevatori

Una telecamera rilevatrice di fumi e gas in un grande impianto industriale all'aperto

  • Rilevatori di fiamma: riescono a captare le radiazioni elettromagnetiche del fuoco, ben oltre le lunghezze d’onda visibili. Si adoperano principalmente in grandi spazi aperti o in capannoni industriali dove si usano liquidi infiammabili.
  • Sensori di calore: rilevano il raggiungimento di soglie di calore appositamente impostate, oppure rapide variazioni di temperatura. Si impiegano dove non sono presenti altre fonti termiche (tipo grandi forni industriali).
  • Sistemi di rilevazione video: funzionano con videocamere di sorveglianza che, attraverso appositi algoritmi, sono in grado di analizzare le immagini e identificare principi d’incendio.
Dettaglio di una complessa struttura in legno lamellareUna candela accesa su un mucchio di pellet da stufa