L’epidemia di incendi nei teatri nell’800
Nel corso di tutto il XIX secolo e agli inizi del XX si verificò una sorta di “epidemia” di incendi nei teatri di tutta Europa e degli Stati Uniti. Parliamo di migliaia di casi e di decine di migliaia di vittime. In pratica un’ecatombe: umana, architettonica e culturale. Che cosa successe? E perché?
Indice
Fiamme vive e gas: i teatri prima dell’elettricità
Oggigiorno ci si immagina che prima dell’avvento dell’elettricità la vita sociale dopo il tramonto fosse praticamente inesistente. In realtà non è così: già nel ‘700 nelle principali città europee la vita notturna era piuttosto movimentata. A Londra i negozi restavano spesso aperti fino alle dieci di sera e i tanti teatri proponevano spettacoli che talvolta finivano a notte inoltrata. Nonostante la pessima illuminazione delle strade, nei centri urbani la gente usciva e — chi aveva il denaro per farlo — voleva divertirsi.
Il problema della mancanza di elettricità, semmai, si poneva proprio per i teatri, dove si usavano fiamme vive e gas, con tutti i rischi che questo comportava. Rischi che erano ulteriormente amplificati da altri fattori:
- materiali di scena molto infiammabili;
- strutture in legno che all’epoca non venivano certamente trattate con vernici ignifughe come succede oggi;
- segnaletica scarsa o inesistente;
- nessuna illuminazione d’emergenza;
- totale assenza di standard di sicurezza adeguati.
Efficace ma pericolosissima: la luce di Drummond causò molti incendi nei teatri
Oggi per inquadrare un singolo attore e un limitato settore della scena si usa il cosiddetto occhio di bue. Un tempo questo tipo di luce teatrale era impossibile da ottenere, perlomeno fino ai primi esperimenti con quello che venne chiamato effetto limelight.
Scoperto nel 1920 dall’inventore e ingegnere britannico Goldsworthy Gurney, consisteva nello scaldare un piccola pietra di calce con una fiamma particolarmente forte, ottenuta grazie a una miscela di idrogeno e ossigeno. Ciò che si otteneva era un potentissimo fascio di luce bianca. La luce di Drummond — che prende il nome dall’inventore scozzese che ne realizzò un prototipo — cominciò a essere usata nei fari per la navigazione marittima e, appunto, nei teatri.
Il debutto su un palcoscenico fu nel 1837, al Covent Garden Theatre di Londra, e da allora si diffuse nei teatri di tutto il paese e poi anche in America. Il calore sprigionato, però, era molto intenso e questo comportava non pochi problemi. In appena dieci anni di uso della luce di Drummond, nelle sole sale da spettacolo degli Stati Uniti si verificarono più di 400 incendi.
La breve e pericolosa vita dei teatri nell’800
La pericolosità di luoghi che dovrebbero essere deputati alla cultura e al divertimento divenne talmente evidente che vennero pubblicati diversi libri e studi sull’argomento.
Nel 1876, nel saggio Fires in Theatres, Eyre Massey Shaw scrisse: «È un grave rimprovero alla nostra epoca dover riconoscere che la vita di molte centinaia, in alcuni casi diverse migliaia di persone può essere in ogni momento messa in grave pericolo. Se questo tipo di pericolo fosse necessario, cioè diciamo, se fosse inseparabile dalla frequentazione di un teatro, la gente andrebbe ancora per divertimento; ma lo farebbero ad occhi bene aperti, e sarebbero pronti a sopportarne le conseguenze, bilanciando il piacere contro il rischio. Può essere difficile rimuovere del tutto i pericoli nel senso più stretto del termine, rendendo ogni parte dell’interno di un teatro resistente al calore, ininfiammabile e incombustibile».
Shaw era a capo della Metropolitan Fire Brigade di Londra, che contribuì a creare, e fu un grande innovatore nella lotta agli incendi.
Per via delle cause citate prima (materiali di scena infiammabili, strutture in legno e scarsi standard di sicurezza) durante l’ultimo quarto del XIX secolo la vita media di un qualsiasi teatro non superava quella di un gatto.
In Europa, mediamente, una sala per spettacoli poteva raramente sperare di superare i vent’anni di attività. Negli Stati Uniti ancora meno.
Secondo uno studio del 1877, realizzato dall’ingegnere civile tedesco Herr August Foelsch, il 25% dei teatri andava in fiamme addirittura entro cinque anni dall’inaugurazione.
Alcuni dei più noti incendi nei teatri della seconda metà dell’800
- Arena degli Acquedotti, a Livorno, nel 1857. Un fuoco d’artificio sparato durante uno spettacolo incendiò il materiale di scena. Morirono circa 40 persone e ci furono più di 200 feriti;
- Brooklyn Theatre, New York, 1876. Un fuoco sviluppatosi da una lampada sulla scena, portò alla morte di quasi 300 persone;
- Théâtre Municipal di Nizza, 1881. Un esplosione di gas durante la rappresentazione di Lucia di Lammermoor causò un rogo che fece più o meno 200 vittime;
- Salle Favart, Parigi, 1887. Una lampada a gas incendiò i materiali di scena. 84 spettatori morirono asfissiati;
- Theatre Royal di Exeter, Regno Unito. Già ricostruito nel 1787 dopo un precedente incendio, bruciò di nuovo nel 1885. Riaprì nel 1887 per poi essere di nuovo raso al suolo dalla fiamme nel 1887 in quello che fu il peggior rogo nella storia del teatro inglese. Innescato da una lampada a gas, portò a ben 186 vittime, molte delle quali perite a causa del panico scatenatosi e delle uscite inadeguate.
Quando le fiamme vive e la luce di Drummond vennero sostituite dalla lampada ad arco, alla fine dell’800, le cose non necessariamente migliorarono. Fu infatti a causa di una di esse che si verificò il più disastroso incendio nell’intera storia del teatro degli Stati Uniti.
L’incendio del teatro Iroquois di Chicago
Inaugurato nel 1903 e considerato come il più bel teatro della città, l’Iroquois aveva un solo ingresso e una capienza di ben 1600 posti. Già all’epoca le regole imponevano entrate e uscite differenti per ciascun piano delle sale da spettacolo ma l’Iroquois — che aveva tre piani — le ignorò.
Pubblicizzato come “totalmente ignifugo” sulle locandine (visto il periodo, questo tipo di réclame attirava spettatori), in realtà il teatro era potenzialmente una trappola mortale. A notarlo fu un capitano dei vigili del fuoco che visitò il luogo in via ufficiosa prima dell’inaugurazione. Nessuno, tuttavia, si preoccupò di risolvere i problemi.
Tutti i proverbiali nodi, però, vennero al pettine a pochi mesi dall’apertura. Nel pomeriggio del 30 dicembre 1903, durante la messa in scena di una commedia, il luogo era affollatissimo, ben oltre la sua capienza, con più di 2000 spettatori, centinaia dei quali in piedi o seduti nei corridoi, bloccando in questo modo le uscite.
Poco dopo le tre, le scintille prodotte da una lampada ad arco innescarono le fiamme su una tenda. Queste si propagarono rapidamente nonostante tutti i tentativi di estinguerle.
Si tentò di far scendere il sipario, che in teoria doveva essere antincendio, in amianto, per evitare che il fuoco raggiungesse il pubblico. Quello, però, si impigliò. Quando il pubblico iniziò a scappare, le uscite antincendio non erano abbastanza visibili e poi si aprivano verso l’interno, restando bloccate per via della stessa calca che spingeva per scappare. Non essendovi né telefono né allarmi antincendio, fu un tecnico ad andare a chiamare i soccorsi, che però arrivarono tardi.
In totale ci furono circa 600 morti. “Grazie” alla tragedia, iniziarono a diffondersi le uscite di sicurezza con apertura verso l’esterno e maniglioni antipanico. L’incendio di Chicago fu anche la classica goccia che fece traboccare il vaso e portò le norme antincendio a essere completamente riviste.